lunedì 3 settembre 2012

da "La Stampa" del 3-Settembre-2012



Produttività, dieci anni buttati Italia ultima tra i 27


Fanalino di coda per l’incremento del pil, la crescita è arrivata solo grazie all’aumento degli occupati

PAOLO BARONI  Roma
Giù il pil e giù la produttività, sia quella totale che quella del lavoro. La fotografia dell’azienda Italia che emerge dalle statistiche ufficiali è oltremodo sconsolante. Nel periodo 2001-2010 la crescita del Pil in Italia è stata complessivamente del 4,1%: si tratta certifica l’Istat dopo la revisione delle stime di fine 2011, del risultato più modesto tra tutte le economie europee. Basti pensare che l’insieme dell’Unione europea a 27, nello stesso periodo, ha messo a segno una crescita del 14%: +11,9% la Germania, +12,1 la Francia addirittura +17,1 il Regno Unito e +22,6% la Spagna. «Dieci anni sprecati», sintetizza giustamente il presidente dell’Istat Giovannini.

Quasi ovunque, rilevano le statistiche, la crisi del 2008-2009 ha avuto l’effetto di ridurre la crescita complessiva a confronto con il periodo 2001-2007: la contrazione è stata particolarmente rilevante per economie cresciute in maniera significativa negli anni precedenti come i paesi baltici (Estonia, Lettonia, Lituania), ma anche per Irlanda e Grecia. Ed è stata pesantissima per l’Italia: nel nostro paese, già in fondo alla classifica di crescita insieme al Portogallo, «si è avuta un’erosione di oltre la metà dei progressi realizzati dal 2000: 6,1 punti percentuali nel biennio 2008-2009, e 4,7 punti tenendo in conto anche il recupero del 2010».

L’Italia è in fondo alla graduatoria europea anche per la crescita della produttività oraria del lavoro,

che nel 2010 era solo l’1,4% più elevata rispetto al picco del 2000, mentre nell’Ue27 era salita dell’11,4% (+13,6% in Germania e +10,4 in Spagna).

Se si allarga lo sguardo all’intero decennio scorso il confronto con i nostri partner resta sempre impietoso: per l’intero periodo 2001-2010, la performance dell’Italia è stata infatti pari a circa 1/3 rispetto a quella franco-tedesca per la dinamica del valore aggiunto e ad appena il 12-15% se si considera il contributo della produttività, entrambi gli andamenti risultano ancora inferiori rispetto a Regno Unito e Spagna. La crescita del 2,7% dell’immissione di nuova forza lavoro, «l’input» come lo chiamano gli esperti, all’opposto, è risultata seconda solo a quella della Spagna, e a questa è corrisposto un calo delle ore medie lavorate (per effetto dello spostamento dell’economia verso attività e prestazioni ad orario ridotto) superiore rispetto a tutte le economie considerate. Per questo, l’occupazione è cresciuta di ben il 7,5%, contro il 3% in Germania, il 5,1% in Francia e il 5,7% nel Regno Unito.

Non è un caso dunque se il ministro dello Sviluppo e l’intero governo hanno messo ai primi posti nella loro agenda i temi della crescita e della competitività. Un tema che a partire dal primo incontro di dopodomani tra governo e imprese sarà il vero banco di prova della ripresa autunnale. «Si sono persi inutilmente nove mesi di tempo» annotava ieri con una punta d’amarezza il leader della Uil Angeletti.

Nel periodo pre-crisi, la distanza dell’Italia rispetto a Francia e Germania in termini di crescita economica non era ancora notevole (tra il 30 e il 40%), mentre la crescita dell’input di lavoro è stata addirittura pari al 7,2%, contro valori inferiori al 3 e 4% in Francia e nel Regno Unito, e una contrazione di oltre il 2% in Germania; la crescita della produttività, di riflesso, già in questo periodo è stata molto modesta. Come in Italia, anche in Spagna quasi tutta la crescita in questo periodo è stata ottenuta attraverso l’allargamento della base occupazionale. Di recupero di efficienza neanche a parlarne. E non è un caso dunque se la nostra economia è ancora in recessione e tutte le stime per il prossimo anno convergono un un dato decisamente non positivo: ancora 12 mesi a crescita zero.

 


 

lunedì 26 dicembre 2011

Time out

Il tempo del teatrino è finito, ora con o senza la nostra volontà, con o senza la nostra partecipazione le cose cambieranno rapidamente, forse in peggio per tanti, forse in modo inaspettato, forse im modo improvviso e magari violento.

Come cambieranno dipende da un numero grande di fattori, sicuramente uno dei più importanti siamo NOI, la gente comune, le persone che incontriamo tutti i giorni, per strada, al bar, al supermercato, al lavoro, nei luoghi di culto, in discoteca, al ristorante.

Questo Blog si propone di cercare di approfondire e di capire come la pensa la Gente comune, i non addetti ai lavori, la cosi detta maggioranza silenziosa.
Chiedo a tutti gli amici e conoscenti e non di provare a immaginare come potrebbe evolversi la società e il paese nei prossimi anni.

Le domande di fondo sono tre:

Quale Italia ritieni più probabile che vedremo nel prossimo futuro ?

Quale Italia sarebbe possibile e cosa serve affinché le circostanze possano verificarsi ?

Quale Italia sarebbe desiderabile, in pratica quale è il tuo libro dei sogni riguardo il nostro paese e la nostra società ?

Si può parlare di tutto e di tutti, ma senza offendere nessuno, e rispettando l'opinione di tutti e di ciascuno.
Si può parlare di politica (ma non dei partiti politici),  non si può fare propaganda partitica, ne propaganda per singole persone o candidati a qualsiasi tipo di elezione.

In pratica l'interesse è verso le IDEE e il come REALIZZARLE, e anche come incidere positivamente su chi ha il potere di farlo.

Ringrazio anticipatamente tutti quelli che parteciperanno al dibattito.
Franco